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Crediti

FOTO: Andrea Rum, Luca Bazzini,
Simone Lingua
VIDEO & RENDER: Luca Bazzini
ART DIRECTION, TESTI E BIO: Tiziana Tommei
DESCRIZIONE OPERE: Simone Lingua
WEBDESIGN: Enrico Fico

The Bridge

– Contemporary Illusions –

22.10. 2018

ponte: [pón-te] A s. m. (pl. -ti) 1. costruzione che congiunge tra loro due punti fissi del terreno, divisi da un ostacolo naturale o artificiale.

Il ponte è una metafora molto complessa. È il luogo d’incontro con l’altro, una dimensione che afferma, mediante la sua stessa esistenza, la possibilità di dialogo e scambio tra due unità distanti, diverse e altrimenti inconciliabili. È un’arma contro i conflitti e al contempo una prova della creatività umana, che cerca soluzioni e costruisce nuove realtà per superare ostacoli e passare al di là, oltre i limiti fisici reali, riuscendo quindi ad andare oltre.

A fronte dei recenti e drammatici avvenimenti, l’artista punta l’attenzione ad un tema preciso: il rapporto tra uomo e natura. Può sembrare un approccio scontato, ma in verità egli vuole portare a riflettere su di un aspetto che tocca l’idea di ponte come tramite di comunicazione tra due opposti. Solo quando l’uomo agisce in armonia con la natura, nel rispetto delle sue regole, con la coscienza della propria finitezza e della propria subordinazione, solo allora può verificarsi una condizione di equilibrio, comunione e vita.

Simone Lingua si sofferma su due elementi: la struttura architettonica e l’acqua. Per la prima circoscrive il suo intervento alle strutture verticali di sostegno, le porzioni toccate dalla seconda. Le riveste idealmente di un materiale contemporaneo: lo specchio. Quest’ultimo si pone come spazio di transizione: la pietra assume l’aspetto dell’acqua, divenendo trasparente, riflettente, cristallina, leggera e perfino dinamica. Se l’elemento naturale prosegue così il suo corso, i suoi effetti finiscono per essere potenziati e riverberati attraverso la superficie dello specchio. Un modo questo che unisce mediante un prodotto artificiale uomo e natura, li congiunge, mimando gli effetti dell’acqua in luogo della consistenza tangibile, pesante, fissa e impenetrabile della struttura del pilastro. Allo stesso tempo, si rivela la potenza generatrice della natura: l’acqua come forza che protegge, difende, accoglie e avvolge ciò che l’uomo ha creato. La natura incontra l’artificio, specchiandosi in esso.

Così l’acqua bacia un’unità a lei più affine per forma, parvenza ed effetto, mentre sopra tutto, sul piano di collegamento orizzontale, possono unirsi in una danza altri elementi: lontani, distanti, antitetici e tuttavia capaci di interagire, generando così nuove sinergie

Tiziana Tommei

20. 05. 2019

Contemporary Illusions muove dalla volontà di suggerire nuovi modi di percepire il reale: il riferimento è l’antico, il mezzo la contemporaneità e l’obiettivo l’uomo. L’interlocutore non è solo chi conosce o ama l’arte: perché una siffatta creazione, tanto aperta, immediata ed inclusiva arriva a tutti. Essa si pone dichiaratamente in comunicazione diretta con un pubblico vasto e diversificato, che attiene ben oltre a chi conosce il linguaggio artistico contemporaneo, innescando un dialogo con la zona grigia che guarda distrattamente o con non curanza all’arte di oggi.

La proposta, ambiziosa e coraggiosa, di chiamare in causa il passato, mediante la scelta di monumenti, ma soprattutto simboli di città quali Pisa, Firenze e Roma, trova risposta nel desiderio di elevare ciò che l’uomo ha costruito, generando opere senza tempo. Rivestire parti di strutture architettoniche con superfici specchiate, oltre ad esortarci ad osservarle con sguardo inedito, e dunque a riscoprirle, è in primis un escamotage per liberarle dalla gravità, sollevandole idealmente verso l’infinito. Si innescano così cortocircuiti cognitivi che, oltre ad attenere i già citati binomi antico-contemporaneo e opera-pubblico, si estendono al connubio arte-natura. L’acqua, riecheggiata dagli specchi e il cielo, moltiplicato dagli stessi: si genera l’illusione di un ponte sospeso sullo scorrere del fiume, di una chiesa elevata oltre la dimensione terrena, di un obelisco interrotto da un abbraccio con il cielo, che lo avvolge e lo sovrasta.

Tali interventi suscitano la messa in scena di una zona mediana, una sorta di limbo che diviene cerniera tra due elementi opposti: artificio e natura conoscono in questo modo uno spazio di totale ed intima unione. Il risultato di questo scambio e fusione tra corpi eterogenei trova forma fuori da essi, in chi osserva e infine traduce la visione in un messaggio subliminale e personale. Il ruolo attivo e propositivo dello spettatore è un variabile imprescindibile, che trova forza nell’universalità del linguaggio.

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